A. E. M. O.

Accademia Europea di Medicina Osteopatica

Paetner dell'Università Federico II di Napoli

Partocinata Dall' ASL Napoli 1


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PRESENTAZIONE

E’ risaputo che fare attività motoria fa bene al corpo ed alla mente, l’importante, però, è che ci si adoperi per svolgerla correttamente ed in tutta sicurezza. Quante volte vi siete ritrovati immutati, peggiorati, o gravemente infortunati, dopo anni di duro lavoro in palestra?
Spesso viene trascurato che allenarsi male, o comunque in modo dissimile dal giusto, è causa di malanni fisici più che non allenarsi affatto.
A ciò deve aggiungersi che la sola attività fisica risulta essere fine a se stessa, in quanto, poco può fare senza che ad essa venga, comunque, affiancato un corretto e sano stile di vita (alimentazione, fumo, alcool, ecc.).
Ed è proprio qui che assume particolare rilievo la figura del personal trainer, che alla luce di quanto detto si è, negli ultimi tempi, evoluta in quella del life coach. Programmi bilanciati, elaborati alla luce di una completa analisi compartimentale (comprendente test muscolari, articolari, funzionali, posturali, e metabolici), educazione ad un sano stile di vita (alimentazione ecc...), interazione con medici e specialisti, scrupolosità, professionalità, ed una metodica vincente, fanno dell’assistenza del personal trainer un fattore indispensabile per chi voglia raggiungere, e mantenere, determinati obbiettivi nel minor tempo possibile ed in assoluta sicurezza.

Newsletter Dicembre 2007 ALLENARE I GLUTEI

Cominciamo con il ribadire che i glutei non sono 2, ma 6 (considerando DX e SX):
1. grande gluteo (estensore della coscia)
2. medio gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
3. piccolo gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
Considerate le azioni muscolari, tenendo presente che sono da evitare i movimenti che limitano, o peggio impediscono, il naturale basculamento del sacro (gluteous machine, abductor machine, ecc.), onde scongiurare risentimenti lombosciatalgici, gli esercizzi possono considerarsi equipollenti. E' importante, invece, mettere i glutei in condizione di lavorare effettivamente, e quindi predisporre una fase preparatoria tendente ad allungare (solo quando necessario) i muscoli antagonisti (che oppongono resistenza) dei glutei. Qui la cosa è semplice: Bisogna allungare i flessori della coscia, gli extraruotatori, e gli adduttori della coscia. Quindi:
A. ileo-psoas (grande e piccolo)
B. sartorio e bicipite femorale
C. pettineo e adduttori (lunghi, brevi, e grandi)
Solo dopo aver fatto si che questi non si oppongano troppo al naturale movimento dei glutei, è possibile procedere ad un work-out mirato in tutta sicurezza, e, soprattutto con un reale profitto in termini di trofismo e funzionalità muscolare.
Concludo dando avvisaglia che un errato allenamento dei glutei, risultante da un' inesatta metodica, e da una poco oculata scelta degli esercizi, potrebbe cagionare scompensi posturali e traumi rachideo-articolari di non poca rilevanza. Teniate in considerazione quanto detto, e affidatevi solo a personale realmente qualificato.

Francesco Barbato

Per ulteriori informazioni ed approfondimenti non esitate a contattarmi - mailto:info@thepersonaltrainer.it

PUBBLICAZIONI :

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lunedì 26 novembre 2007

Combattere l'ipertensione arteriosa

Linee guida per una corretta attività motoria – di Francesco Barbato


1. La patologia: Per pressione arteriosa si intende quella del sangue che scorre all'interno delle arterie (formate da: 3 tuniche, 1 strato sottoendoteliale, 2 membrane elastiche - vedi fig.), a sua volta determinata da molti fattori (volume del sangue, gittata del cuore, resistenza del vaso, etc.). L'ipertensione arteriosa è una tra le malattie più diffuse nei paesi industrializzati dove si riscontra nel 20% della popolazione adulta (vedi legge di W & B). La pressione che il sangue esercita nelle arterie varia notevolmente, in rapporto all'età, alla costituzione fisica, allo stato emotivo, ed in particolar modo allo stile di vita. Normalmente si usano due numeri per esprimere il valore pressorio: uno per indicare la pressione ''minima o diastolica'' (che corrisponde alla pressione esistente nelle arterie nel momento in cui il cuore si rilassa dopo una contrazione “diastole”) e uno per indicare la pressione "massima o sistolica" (che esprime invece il valore della pressione esistente nelle arterie nel momento in cui il cuore si contrae “sistole”).

Una persona è ipertesa quando la pressione arteriosa minima, misurata nel braccio, a riposo e in diverse occasioni, supera costantemente il valore di 90 mmHg per la minima e per la massima il valore di 140 mmHg (dove mmHg = mm di mercurio).
La misurazione viene presa sull’arteria brachiale all’altezza del cuore dopo aver fatto sedere il soggetto per qualche minuto in un luogo tranquillo. E’ utile prenderla prima, durante, e dopo l’allenamento anche in persone mediamente ipertese.

Come vanno interpretati i valori ottenuti? Come classifichiamo la pressione arteriosa?

Pressione ottimale
massima inferiore a 120 mmHg, minima inferiore a 80 mmHg
Pressione normale
massima inferiore a 130 mmHg, minima inferiore a 85 mmHg
Pressione alta normale
massima da 130 a 139 mmHg, minima tra 85 e 89 mmHg
Ipertensione lieve
massima da 140 a 159 mmHg, minima tra 90 e 99 mmHg
Ipertensione moderata
massima da 160 a 179 mmHg, minima tra 100 e 109 mmHg
Ipertensione grave
massima uguale o superiore 180 mmHg, minima uguale o superiore a 110 mmHg

Dopo i 60 anni si accettano come normali valori leggermente più alti, proprio perchè c'è una naturale tendenza ad un aumento della pressione con l'età. Nella maggior parte dei casi la causa dell'ipertensione non è nota, pertanto non è nemmeno possibile trovare una cura definitiva. Al riguardo risulta possibile ed efficace agire unicamente sullo stile di vita eliminando quelle che sono considerate “cattive abitudini” ed introducendone di “sane” come una corretta e monitorate attività fisica. In alcuni casi invece (circa il 5% del totale) è possibile individuare e rimuovere la causa dell'ipertensione (es. malattie renali, endocrine, vascolari, pillola anticoncezionale e altri farmaci, come i decongestionanti nasali usati in modo inappropriato).

2. Come si manifesta: La pericolosità di questa condizione si evince da fatto che spesso non ci si accorge di essere ipertesi. Circa la metà delle persone ipertese non sanno di esserlo ed è perciò importante misurare almeno una volta all'anno la pressione del sangue per scoprire eventuali stati di ipertensione. In certi (“fortunati”) casi un aumento della pressione può provocare qualche disturbo, come mal di testa, vertigini, ronzii all'orecchio, affanno, disturbi alla vista o sanguinamento del naso. In questi casi è necessario effettuare una visita medica possibilmente presso uno specialista.

3. I rischi: I danni che possono conseguire ad una elevata pressione arteriosa sono seri e consistono in:

- Malattie vascolari
- Danni al cuore (insufficienza cardiaca, infarto)
- Danni ai reni (insufficienza renale)
- Danni al cervello (ictus)
- Danni agli occhi (emorragie, retinite ecc.)

I danni possono comparire dopo parecchi anni dall'inizio della malattia e sono favoriti da altri fattori di rischio come:

- Diabete
- Abitudine del fumo
- Obesità
- Eccessivo tasso di colesterolo
- Sedentarietà

Nella donna è particolarmente importante, durante la gravidanza, controllare regolarmente la pressione del sangue.

4. I rimedi: La prima forma di trattamento dell'ipertensione consiste in alcune modificazioni dell'alimentazione e dello stile di vita (quindi una corretta attività motoria).
Al riguardo è interessante notare che in alcune popolazioni non industrializzate con abitudini di vita e alimentari molto diverse dalle nostre (bassissimo consumo di sale, attività fisica intensa, etc.) l'ipertensione è pressochè inesistente, ed inoltre la pressione arteriosa non aumenta con l'avanzare dell'età.

In particolare è necessario che il trainer consigli di:

Ridurre l'ingestione di sale; poichè gli alimenti totalmente insipidi non sono graditi è bene ridurre gradualmente la quantità di sale impiegata in modo da abituarsi al nuovo sapore dei cibi; vanno ovviamente evitati tutti i cibi ricchi in sale come i salumi e, in generale, gli alimenti conservati; evitare anche grissini, fette biscottate, crackers, pizza, scegliere tipi di pane con scarso contenuto di sale. Adottare, insomma, una dieta iposodica
Ridurre la quantità di calorie introdotte quotidianamente, quindi mangiare meno cibi ad alto contenuto energetico come i dolci, i grassi (in particolar modo quelli saturi) e le bevande alcoliche
Sostituire i grassi di origine animale, come burro o lardo, con oli vegetali che sono meno dannosi per l'organismo; evitare alimenti ricchi in colesterolo, come formaggio, uova, carne grassa
Limitare il quantitativo di bevande alcoliche (non piu di 1/2 litro di vino al giorno) e non esagerare nel consumo di caffè
Abolire il fumo o, come minimo, ridurlo il più possibile perchè, come si è detto in precedenza, aumenta i rischi dell'ipertensione e può favorire improvvisi aumenti della pressione
E’ bene limitare, nei limiti del possibile, occasioni di tensione o di ansia eccessivi, cercando momenti di rilassamento psicofisico (es. svolgendo una attività fisica che non richieda sforzi troppo intensi)
Una terapia con farmaci antiipertensivi deve essere prescritta dal medico che sceglierà, caso per caso, la cura piu idonea; è indispensabile che una persona con la pressione alta comprenda l'importanza di assumere regolarmente i farmaci che gli sono stati prescritti; in alcuni casi possono comparire effetti indesiderati quali: stanchezza, sonnolenza, secchezza della bocca, modificazioni dell'umore, tosse stizzosa; sarà bene allora segnalarli al proprio medico per ricevere consigli più appropriati
In riferimento all’ultima nota sopraesposta è necessario rivolgersi ad un medico specialista periodicamente per una visita medica in modo da seguire nel tempo gli effetti della terapia antiipertensiva, ed urgentemente qualora compaiono disturbi come dolore al petto, violento mal di testa, difficoltà di respiro.

5. Indicazioni e metodica: Ormai è dimostrato che la forma fisica è inversamente proporzionale ai livelli di pressione arteriosa. Ciò significa che una persona dinamica ha un minor rischio di sviluppare tale patologia, o di aggravarla, rispetto ad una persona sedentaria. Tale rischio aumenta già in giovane età se il bambino non viene avviato alla pratica di una regolare attività fisica e controllato nelle scelte dietetiche. Lo svolgimento di attività motorie quotidiane di media intensità, oltre ad avere un'efficacia preventiva ha anche un'importantissima funzione terapeutica. L'utilità dell'attività fisica sulla riduzione pressoria in soggetti ipertesi in modo lieve o moderato è da tempo oggetto di numerosi studi. La ricerca ha dimostrato che un esercizio fisico regolare è in grado di ridurre i livelli di pressione a riposo in maniera significativa.
Riduzione media della pressione arteriosa indotta da regolare esercizio fisico in soggetti con ipertensione arteriosa lieve o moderata


RIDUZIONE PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA
8-10 mmHg

RIDUZIONE PRESSIONE ARTERIOSA DIASTOLICA
7-8 mmHg

I dati riportati in tabella testimoniano come l'esercizio fisico diminuisca fino a circa il 50% il rischio di danni cardiovascolari e cerebrali da pressione eccessiva. La ginnastica ha anche un effetto ipotensivo a breve termine. In particolare, dopo aver eseguito un esercizio di tipo aerobico di 30-40 minuti, la pressione rimane più bassa (<>

Componente aerobica

Svolta a media intensità (40-70% del
VO2max). E’ utile l’uso di un cardiofrequenzimetro

Frequenza

Per essere realmente efficace tale attività va ripetuta per almeno tre volte alla settimana, anche se il maggior beneficio lo si ottiene con cinque sedute settimanali nonostante, però, la differenza in termini di calo presso rio non è particolarmente significativa. E’ da notare però che in questo caso migliorano, invece, i risultati riguardo la riduzione del peso e l’efficacia del sistema cardiovascolare

Durata

L’attività deve protarsi per almeno 20-30 minuti, possibilmente senza interruzioni. Anche in questo caso i risultati migliori si ottengono con un maggiore impegno (40-50 minuti). Mentre calano considerevolmente gli effetti positivi al di sotto dei 20 minuti
Fino a qualche anno fa le attività a forte componente muscolare venivano controindicate al soggetto iperteso. Durante la contrazione muscolare si verifica una parziale occlusione dei vasi sanguigni. Il conseguente aumento delle resistenze periferiche richiede un maggior lavoro da parte del cuore. In aggiunta se durante l'esecuzione si trattiene istintivamente il respiro, la pressione intratoracica aumenta ed il cuore è costretto a contrarsi contro ulteriori resistenze. Di conseguenza la pressione arteriosa sistolica aumenta bruscamente fino a raggiungere valori di 300 mmHg contro i normali 120 mmHg. Questo brusco innalzamento di pressione è potenzialmente pericoloso per cardiopatici, ipertesi e diabetici. Chi soffre di pressione alta dovrebbe quindi limitarsi alla pratica di esercizi ad elevata componente aerobica. Al momento le nuove linee guida hanno ridato importanza agli esercizi di “muscolazione” (svolti con l'ausilio o meno di sovraccarichi, che richiedono un significativo impegno muscolare) che hanno dimostrato avere una elevata utilità se abbinati a un programma cardiovascolare.
Affinché questa pratica fisica sia utile e priva di rischi è utile sapere che:

  1. Il n° delle ripetizioni per esercizio deve essere alquanto elevato (20-25)
  2. Il carico di lavoro deve essere moderato (40-60% del massimale stimato)
  3. La respirazione va particolarmente curata (espirando durante la fase concentrica dell’esercizio, ed espirando durante la fase eccentrica, evitando esercizi isometrici di media ed alta intensità

Se l'esercizio fisico rispetta le indicazioni riportate fino a questo momento normalmente non esiste alcuna controindicazione alla sua pratica.

Gli elevati valori di pressione sistolica raggiunti durante le attività di potenza che, di norma , richiedono l’ausilio di carichi relativamente importanti, rendono tali discipline potenzialmente dannose per il soggetto iperteso. L’eccessivo aumento pressorio potrebbe infatti aggravare il danno organico. Ma la ricerca ha oggi riscontrato l’utilità di tali pratiche a fini terapeutici se eseguite nel rispetto delle modalità sopraesposte

Ribadisco che l'idoneità alla pratica sportiva viene data se la pressione di base non supera i 140-90 mmHg. In caso contrario dovrà essere il medico specialista, dopo aver eseguito i test del caso, come il monitoraggio della pressione sotto sforzo (in questi casi i valori massimali accettati sono 230-100 mmHg) e il monitoraggio sulle 24 ore, ed aver riscontrato l’assenza di danni d’organo come disturbi di tipo retinico o un’ipertrofia esagerata del cuore con relativa disfunzione sistolica o diastolica, a dare il nulla osta alla pratica fisica.

6. L’ipertensione polmonare: Per ipertensione polmonare si intende un aumento della pressione nel circolo polmonare. La circolazione polmonare ha come funzione quella di consentire l’ossigenazione del sangue venoso.Il sangue proveniente da tutti gli altri organi raggiunge la parte destra del cuore e da qui viene pompato attraverso il circolo polmonare per permettere gli scambi gassosi al livello della componente aerea del polmone (alveoli).
Per consentire che questi scambi avvengano in modo efficiente la superficie di contatto tra i piccoli vasi polmonari (capillari) e gli alveoli e’ molto ampia (circa 70m.q,le dimensiono di un piccolo appartamento!),ed e’ questo il motivo per cui la pressione nel circolo polmonare e’ circa otto volte piu’ bassa rispetto alla circolazione sistemica (che porta il sangue a tutti gli altri organi:cervello,muscoli,pelle,reni,intestino).
Le malattie respiratorie possono causare un aumento della pressione polmonare,ma le forme piu’ severe di ipertensione polmonare sono provocate da malattie che colpiscono direttamente il sistema vascolare polmonare (embolie polmonari ripetute,l’ipertensione polmonare primitiva e le forme “associate” a malattie come la sclerodermia,le cardiopatie congenite,infezioni da HIV,malattie del fegato). In queste malattie i vasi polmonari sono in gran parte ostruiti per un ispessimento della parete e per la coagulazione del sangue al loro interno,causando una severa riduzione dell’albero vascolare polmonare (effetto potatura, vedi figura 1) e un enorme aumento della resistenza al flusso di sangue.

Spesso la pressione in arteria polmonare puo’ aumentare di 3-4 volte rispetto i valori normali.In questa situazione la parte destra del cuore si adatta con difficolta’ all’aumentato carico lavorativo,tende a dilatarsi e puo’ non essere in grado di pompare una adeguata quantita’ di sangue nel circolo polmonare.I sintomi sono aspecifici,e frequentemente la diagnosi viene fatta tardivamente quando il paziente e’ fortemente limitato nelle sue attivita’ quotidiane.I pazienti lamentano difficolta’ respiratorie (affanno per sforzi lievi e talvolta a riposo),stanchezza,ritenzione di liquidi (gonfiore alle caviglie),pesantezza all’addome (gonfiore del fegato,accumulo di liquido nell’addome).Sino a qualche hanno fa l’unica terapia era costituita dai calcioantagonisti (un tipo di vasodilatatori) ma l’efficacia e’ limitata solo ad una piccola percentuale di soggetti (20-25%).L’unica speranza per gli altri soggetti era il trapianto polmonare o cuore-polmone sino all’introduzione nella pratica clinica dell’epoprostenolo.Questo farmaco e’ un analogo della prostaciclina che e’ una sostanza prodotta dalle cellule che rivestono i vasi (endotelio) con una azione vasodilatratrice e di protezione del circolo. Attualmente sono in corso numerosi studi clinici in Europa e in America per valutare l’efficacia di una corretta attività fisica. Dato il miglioramento apportato al sistema cardiorespiratorio da una corretta e costante attività fisica, i ricercatori hanno costatato un netto miglioramento della qualità della vita nei soggetti a campione studiati.

Ipertensione polmonare:

Riguarda la piccola circolazione (polmonare)

Come sintomi principali presenta:

  1. Tosse
  2. Sangue nell’espettorato
  3. Affanno
  4. Edema alle gambe (in una fase già di particolare gravità)

6. Conclusioni: E’ stato calcolato, dall’ OMS (organizzazione mondiale della sanità) che ogni anno sono 16,7 i milioni di decessi provocati dalle motralità cardiovascolari: 7,2 milioni dovuti alla malattia coronarica, 5,5 milioni a quelle cerebrovascolari e circa quattro milioni a quella ipertensiva. Sempre secondo le fonti dell’OMS, ogni anno nel mondo 20 milioni di persone sopravvivono ad un evento cardiaco acuto o ad un ictus, divenendo portatori di cardiopatia o cerebropatia cronica. A ciò, contrariamente a quanto si crede, non fanno eccezione le donne, in quanto recenti studi condotti dalla University of Southern California in collaborazione col la California University of Los Angeles hanno evidenziato che circa dai 60 anni di età i rischi cardiovascolari ed ipertensivi sono uguali per entrambi i sessi, anche se, comunque, nei decenni precedenti permane una maggior resistenza a queste patologie da parte del gentil sesso. Per tale ragione, l’esercizio fisico si propone come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, efficace ed a basso costo. Esistono evidenze che l’attività e la buona forma fisica siano in grado di ridurre la morbilità e la mortalità per almeno sei condizioni patologiche di tipo cronico:

  • la patologia coronarica
  • l’ipertensione
  • l’obesità
  • il diabete
  • l’osteoporosi
  • i disturbi mentali

Studi di coorte mostrano che le persone fisicamente inattive hanno un rischio aumentato del 35-52 % di sviluppare una forma di ipertensione rispetto a quelli che praticano esercizio fisico, indipendentemente dagli altri fattori di rischio per l’ipertensione stessa. In una vasta coorte si è notata una relazione inversa tra l’incremento dell’esercizio fisico ed i valori della pressione arteriosa. A tutt’oggi, gli studi suggeriscono che determinati sottogruppi di soggetti (per esempio, le donne e le persone con valori di pressione diastolica aumentati) possano essere maggiormente responsivi agli effetti dell’attività fisica sulla riduzione della pressione arteriosa rispetto ad altri. Un effetto positivo sulla pressione arteriosa si evidenzia tra i 15 e gli 80 anni in gruppi sociali differenti. Un meccanismo possibile, atto alla diminuzione pressoria, è, inoltre, l’attenuazione dell’alta attività nervosa simpatica, da parte dell’iperinsulinemia (condizione patologica per cui le isole di Langerhans producono e immettono nella circolazione sanguigna una quantità eccesiva di insulina), tramite gli effetti dell’esercizio fisico. E’ naturale che nel caso in cui l’allievo in questione, presentatosi in palestra, presenti un livello pressorio che vada oltre i limiti indicati, è da rimandare a casa, o comunque lasciato tranquillo in una stanza per qualche minuto al fine di riesaminarlo nuovamente per poi valutarne lo stato e procedere con la seduta nell’ipotesi che la pressione arteriosa sia diminuita. E’, inoltre, superfluo ribadire che un lavoro del genere va eseguito sotto il costante controllo medico. La sinergia trainer-medico è fondamentale al fine di proporre un programma bilanciato, ma soprattutto sicuro, dato che il trainer non deve mai accollarsi responsabilità che non gli competono. Unicamente il medico può stabilire l’eventuale terapia del caso, anche quando questa si esaurisca in semplice attività fisica. L’American College of Sports Medicine ed i Centers for Disease Control and Prevention raccomandano che ciascun soggetto adulto faccia almeno 30 minuti di attività fisica di moderata intensità per più giorni la settimana (preferibilmente tutti). Inoltre in riguardo alla dieta da seguire, questi istituti consigliano che:

Il consumo di sodio deve essere inferiore a 100 mmol (6 g/die) e quello di potassio superiore a 80 mmol (2 g/die). Questo è possibile aumentando l’assunzione di frutta e vegetali e, a livello minore, di legumi e noci.

Il consumo di grassi saturi deve essere inferiore al 10 per cento del totale con un aumento dei grassi monoinsaturi. Il pesce dovrebbe essere consumato almeno due volte alla settimana.

Il consumo di alcol deve essere evitato nei pazienti ipertesi e l’assunzione quotidiana di etanolo non dovrebbe essere superiore a 24 g negli uomini e a 12 g nelle donne.
La terapia farmacologica si associa solo quando il controllo del peso corporeo e la dieta non siano in grado di normalizzare i valori pressori; tuttavia, una sana alimentazione e un’attività fisica quotidiana non devono mai essere trascurate per raggiungere e mantenere un ottimale benessere mentale e fisico.

7. Curiosità: Il caffè è sempre stato off-limits per questi soggetti, ma una ricerca, condotta di recente, ha fatto sorridere gli amanti della “tazzina”, ridimensionandone i rischi. I risultati di questo studio dal nome “Consumo di Caffè e Rischio di Cardiopatia Ischemica” condotto dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) e eseguito accuratamente su 13 studi caso-controllo e su 10 studi di coorte, per un totale di oltre 440.000 soggetti esaminati, parlano chiaro: riferendosi a un consumo di caffè in tazze (ovvero una quantità da caffè all’americana), con un consumo minore o uguale a 2 tazze di caffè (pari a circa 3-4 tazzine di espresso bar o 3 tazzine se preparato con la moka) non emerge alcuna associazione significativa fra consumo di caffè e rischio di cardiopatia ischemica. In poche parole 3-4 caffè al giorno non causerebbero ipertensione né cardiopatia ischemica e, anzi, i composti fenolici contenuti nel caffè potrebbero avere un ruolo preventivo verso le malattie bcardiovascolari. Inoltre dalla ricerca emerge anche che il sistema cardiovascolare è in grado di sviluppare tolleranza agli effetti della caffeina: premesso che ingerire circa 200-250 mg di caffeina può aumentare, entro breve tempo dall'assunzione, la pressione arteriosa sistolica di 3-14 mmHg e la pressione arteriosa diastolica di 4-13 mmHg nel soggetto normoteso, è bene ricordare che la caffeina è contenuta in numerose bevande e la loro assunzione, soprattutto nei consumatori occasionali, può aumentare i valori della pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e attivare il sistema simpatico. Si è notato tuttavia che se la caffeina viene ingerita attraverso il caffè, l’effetto sulla pressione risulta molto più modesto e a volte accompagnato dallo sviluppo di una condizione di tolleranza. Il consumo abituale di caffè non sembra quindi associato a un incremento del rischio di comparsa di ipertensione arteriosa. Non è tutto: il caffè contiene numerose molecole ad attività protettiva tra cui i composti fenolici che sono biodisponibili, hanno un’elevata attività antiossidante, sono in grado di inibire l’ossidazione delle LDL (Low Density Lipoprotein) e l’aggregazione piastrinica (fattori determinanti nell’insorgenza della cardiopatia ischemica). Attraverso il consumo di caffè, il loro contributo antiossidante nella dieta giornaliera è fino al 40-60%.
Una precisazione importante: nell’implicazione del possibile rischio cardiovascolare il metodo di preparazione del caffè può influire sugli effetti sulla salute: il caffè espresso influenza la pressione arteriosa meno di quello bollito (alla Turca). E l’influenza sul possibile rialzo pressorio deve essere valutata anche su altre abitudini voluttuarie (fumo e alcol) che modulano sia le caratteristiche farmacocinetiche della caffeina ma anche, negativamente, il rischio cardiovascolare sia dei normotesi che degli ipertesi. E un aiuto arriva anche dal mondo dei prodotti funzionali: è a disposizione anche in Italia un nuovo
latte fermentato ricco di peptidi bioattivi, sostanze naturali che possono favorire il controllo dell'ipertensione.
Gli studi finora disponibili sul consumo di questo latte mostrano che può contribuire a ridurre i
valori pressori se assunto con regolarità, per almeno 15 giorni, nel quantitativo di 65 ml al giorno, in un regime dietetico adeguato. Questo prodotto, come gli altri alimenti funzionali, 'completa' la dieta dell'iperteso, che deve seguire regole precise.

Pubblicato su "LA PALESTRA" - http://www.lapalestra.net/

Scarica la pubblicazione in pdf - http://www.lapalestra.net/pdf/Articoli/Attrezzi/attrezzi_11b/attrezzi_11b.pdf



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